In America spopolano le dichiarazioni a favore del il matrimonio gay, in Italia spopolano dichiarazioni che vanno esattamente all’opposto di quanto sta accadendo dall’altro lato dell’oceano. L’editoriale di Francesco D’Agostino ne l’Avvenire è un esempio. Il giurista fa sapere che il sostengo da parte della società deve essere esclusivo di categorie molto più importanti dei gay:
Piuttosto che riconoscere il matrimonio gay, naturalmente sterile, la società dovrebbe operare per un efficace sostegno delle famiglie (in particolare di quelle numerose) e dovrebbe supportare, cosa che fa solo in minima parte, l’impegno delle famiglie a favore dei minori, dei malati, degli anziani.
D’Agostino prosegue ribadendo che il matrimonio non ha ragione d’essere a causa della sua sterilità:
Difendendo il matrimonio eterosessuale, la Chiesa difende non un dogma di fede o un principio della propria dottrina, ma una dimensione del bene umano oggettivo. Il matrimonio eterosessuale non è un’invenzione della Chiesa; è un istituto giuridico, finalizzato a garantire l’ordine delle generazioni, riscontrabile in tutte (ripeto: ‘tutte’) le culture e in tutti (ripeto ‘tutti’) i tempi. Pur sapendo che si può ben procreare al di fuori del matrimonio, la sua funzione è proprio quella di porre un rigoroso ordine sociale nella procreazione, a garanzia delle nuove generazioni. La vera posta in gioco, quando si dibatte sul matrimonio gay, è simbolica, non è giuridica né sociale; i suoi fautori vorrebbero che il diritto riconoscesse situazioni affettive, di cui nessuno vuole negare l’autenticità privata, ma che non hanno però in sé e per sé, alcun rilievo pubblico e questo proprio in un momento storico in cui, da parte di tanti, ci si batte per allentare ulteriormente i vincoli istituzionali, che nascono dai legami matrimoniali (si pensi ad esempio al divorzio breve)’. I diritti che si vorrebbero attribuire alle coppie gay non solo sono facilmente attivabili con quello che la scienza giuridica chiama il diritto volontario (reversibilità della pensione, subentro nel contratto di locazione, assistenza ospedaliera, diritti successori) ma in gran parte sono già ampiamente fruibili a seguito di interpretazioni estensive delle leggi vigenti fatte dalla Cassazione.
Il matrimonio, quindi, è solo sinonimo di procreazione? Non sarà troppo riduttivo?
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