Va approfondita la questione della prevenzione dei tumori. I dati internazionali e nazionali evidenziano una preoccupante disparità nell’accesso alla prevenzione oncologica per la comunità LGBTQ+. Negli Stati Uniti, uno studio del 2024 pubblicato su JAMA ha rilevato che le donne lesbiche o bisessuali aderiscono meno allo screening per il tumore della cervice rispetto alle donne eterosessuali (71% contro 77%).

Alcuni dettagli utili sul tema della prevenzione dei tumori
In Italia, sebbene manchino dati nazionali completi, i sondaggi dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dell’AIOM confermano una tendenza simile, aggravata da barriere strutturali e culturali. Una delle principali criticità risiede nella gestione dei documenti clinici. La mancanza di sistemi che integrino sia il sesso assegnato alla nascita sia l’identità di genere porta all’esclusione di molte persone transgender dai programmi di screening automatizzati.
Ad esempio, dopo la rettifica anagrafica dei documenti, un uomo transgender potrebbe non ricevere più l’invito per il Pap test e una donna transgender potrebbe essere esclusa dai controlli per la prostata. Questa invisibilità amministrativa impedisce inoltre la conduzione di studi longitudinali sull’impatto dei trattamenti ormonali e dei fattori di rischio specifici.
Il divario nei tassi di prevenzione è alimentato anche da un clima di sfiducia verso le istituzioni sanitarie. Secondo i dati ISS-UNAR, il 56,5% delle persone “assegnate femmine alla nascita” (AFAB) ha subito discriminazioni durante visite mediche. Molti pazienti lamentano una scarsa preparazione del personale sanitario, l’uso di una terminologia inappropriata e l’ignoranza dei bisogni specifici.
Questa situazione spinge circa il 44,6% delle persone transgender ad autoescludersi dalle cure e il 57% a non fidarsi dei medici. Di conseguenza, solo il 20% degli individui AFAB esegue regolarmente il Pap test, contro il 47% della popolazione generale. Inevitabilmente, quando mancano i controlli per la prevenzione delle malattie oncologiche, risulta più probabile ammalarsi di tumore. Un dato preoccupante che deve far riflettere, anche perché ormai siamo nel 2026 e ritrovarsi in situazioni discriminatorie di questo tipo è davvero agghiacciante.
Per contrastare queste disuguaglianze, l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ha promosso le “Raccomandazioni di Assisi”, mirate a migliorare la presa in carico delle persone transgender e di genere diverso. Oltre all’importanza cruciale della vaccinazione anti-HPV, efficace anche in età adulta, emerge la necessità di formare adeguatamente gli operatori sanitari e promuovere una comunicazione inclusiva.
Infatti il problema maggiore risiede proprio nell’incapacità di comunicare con persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, mancano le basi dell’educazione. In conclusione, garantire una prevenzione universale richiede un cambiamento sistemico: aggiornare i protocolli di registrazione, abbattere il pregiudizio clinico e promuovere una ricerca scientifica che riconosca l’unicità di ogni individuo. Solo così la diagnosi precoce potrà diventare un diritto effettivamente accessibile a tutti.




