Il 6 settembre ha segnato una data storica per la comunità LGBTQ+ a Roma, con l’apertura della Porta Santa in occasione del loro Giubileo. L’evento, pur non cancellando decenni di esclusione, rappresenta un gesto tangibile di accoglienza da parte della Chiesa, una speranza concreta per il futuro.

Tutte le ultime novità sulla comunità LGBTQ+ a Roma
Circa 1.500 persone provenienti da oltre venti Paesi, ad eccezione dell’Africa dove l’omosessualità è ancora proibita, hanno preso parte a questo pellegrinaggio, organizzato dall’associazione La Tenda di Gionata e da altre realtà. L’atmosfera era carica di un’emozione palpabile e di una profonda gratitudine. Il momento più toccante della giornata è stato l’omelia di monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale italiana.
Con parole forti, ha definito il Giubileo un “tempo di giustizia riparativa”, sottolineando che nessuno deve sentirsi escluso. Le sue affermazioni hanno scatenato una standing ovation, un segno del desiderio e della necessità di un cambiamento radicale. Le parole di Savino non potevano non far riflettere sulle ferite ancora aperte nella comunità LGBTQIA+, specialmente quelle legate alle cosiddette “terapie riparative”, una pratica che in Italia non è ancora proibita per legge.
Questo contesto di dolore rende il gesto della Chiesa ancora più significativo, sebbene sia solo un primo passo. Le storie dei partecipanti al pellegrinaggio hanno confermato l’importanza di questo evento. Marta, una giovane arrivata da Padova, ha raccontato di essersi sentita per la prima volta pienamente accolta nella Chiesa, mentre Luca, giunto da Santiago, ha ricordato di aver già varcato la Porta Santa, ma nascondendo la sua vera identità.
La loro emozione e le loro speranze riflettono le cicatrici interiori di chi ha lottato per conciliare la propria fede con la propria identità. La presenza di molti genitori, che con orgoglio hanno accompagnato i propri figli indossando simboli arcobaleno, ha reso l’atmosfera ancora più toccante, dimostrando che l’amore e l’accettazione possono superare ogni barriera.
Anche suor Geneviève, nota amica di Papa Francesco, ha partecipato all’evento, a testimonianza del suo impegno costante a fianco delle persone trans. Nonostante il successo e il profondo significato spirituale del pellegrinaggio, la Santa Sede ha mantenuto un profilo basso. Non è stato emesso alcun messaggio ufficiale, e nel calendario del Giubileo l’evento è stato menzionato solo in modo generico, senza fare riferimento all’identità dei partecipanti.
Questo silenzio solleva interrogativi e sottolinea che il cammino verso l’inclusione totale è ancora lungo. Come ha concluso monsignor Savino, la speranza è che la Chiesa possa davvero diventare un “popolo di volti, di storie concrete”, riconoscendo la dignità e la bellezza di ogni singola persona, con le sue ferite e la sua autenticità. L’evento di Roma è stato un faro di speranza, ma il suo vero significato dipenderà dai passi futuri che la Chiesa deciderà di compiere.




